I “contratti tipo” – e cioè i formulari prestampati che vengono utilizzati dalle agenzie immobiliati – non devono avere clausole vessatorie.
Come fare?
I privati che intendono vendere o acquistare un immobile a uso abitativo avvalendosi di un’agente immobiliare, possono ora ricorrere ai nuovi contratti tipo elaborati – su iniziativa di Unioncamere Piemonte – nel contesto di una trattativa che ha coinvolto a livello regionale le associazioni di categoria interessate. Obiettivo: definire un modello di contratto privo di clausole vessatorie a detrimento dei consumatori.
A Unioncamere Piemonte il compito di garantire – anche grazie ai propri consulenti esterni, docenti in forza all’Università di Torino – la bontà del risultato finale e la corrispondenza all’obiettivo proposto. Per gli agenti immobiliari hanno partecipato FIAIP, FIMAA ed ANAMA.
Quando un privato, che intende vendere o acquistare un immobile, si rivolge ad un agente immobiliare, il primo conclude con il secondo un accordo di intermediazione, regolato dagli art.1754 e seguenti del codice civile.
Per tale contratto non è necessaria la forma scritta. Se non adottata, il mediatore – a condizione che sia regolarmente iscritto al relativo albo, previsto dalla legge 39/1989 – matura il diritto alla provvigione solo se l’affare si conclude effettivamente, e cioè se l’immobile oggetto di trattativa passa effettivamente di proprietà, venendo quest’ultima trasferita dal venditore al compratore (in buona sostanza, le parti compaiono dinanzi al notaio, che rogita la compravendita). In giurisprudenza, ciò è configurato come “mediazione tipica”, in quanto ricalca fedelmente lo schema previsto nel codice civile quando venne emanato, e cioè nel 1942.
Tuttavia, nella attuale prassi commerciale, prima di dare corso ai propri servizi l’agente immobiliare solitamente stipula con i propri clienti (l’aspirante venditore e l’aspirante compratore) un contratto scritto, che regola le condizioni alle quali è sottoposta l’attività di intermediazione in loro favore.
Per comprensibili ragioni organizzative, tale contratto solitamente si discosta parzialmente – ma in modo del tutto legittimo, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione – dallo schema a suo tempo individuato nel codice civile (per tale ragione viene definito “mediazione atipica”), in quanto si prevede che il diritto alla provvigione matura in capo all’agente in un momento antecedente.
Ciò accade quando le parti stipulano il contratto preliminare di compravendita, e cioè l’accordo in forma scritta in base al quale il venditore si impegna a trasferire al compratore la proprietà dell’immobile oggetto dell’affare. Tali operazioni avverranno poi con il contratto definitivo di compravendita, e cioè il rogito notarile.
Tuttavia, il diritto alla provvigione matura anche se, una volta validamente concluso il contratto preliminare, la proprietà sull’immobile non verrà poi trasferita. In tali circostanze, la responsabilità di tutta l’operazione ricadrà sulla parte inadempiente, e cioè il promittente venditore ovvero il promissario acquirente, che – a titolo di danni – dovranno anche rifondere alla controparte quanto pagato per l’intermediazione.
Giova sommamente puntualizzare che il contratto preliminare di compravendita viene in essere non solo quando le parti si siedono allo stesso tavolo per firmare un unico testo contrattuale, ma anche quando – ed è l’ipotesi più frequente – una delle parti formula prima una proposta contrattuale e poi viene a conoscenza che l’altra parte ha integralmente accettato la proposta stessa (art.1326, comma 1, del codice civile).
Questo è allora il meccanismo solitamente utilizzato dagli agenti immobiliari:
- essi ricevono dapprima l’incarico a vedere dal proprietario di un immobile
- poi ottengono dal potenziale acquirente una proposta d’acquisto per il medesimo alloggio
- infine, quando le condizioni economiche convergono, informano l’altra parte che quanto richiesto è stato accettato, perfezionando così il contratto preliminare e maturando il diritto alla provvigione, secondo le regole della “mediazione atipica”.
In detto meccanismo negoziale, l’agente immobiliare non stipula separatamente con i propri clienti un apposito contratto regolante l’attività di intermediazione: le relative condizioni vengono infatti inserite nell’incarico a vendere ovvero nella proposta di acquisto. Così facendo, il medesimo atto formato da una delle parti è contemporaneamente rivolto a due soggetti: l’altra parte e l’agente immobiliare.
Inserito all’interno di siffatto meccanismo, il contratto di “mediazione atipica” è dunque unaccordo che si conclude tra un consumatore e un professionista. Il primo è l’aspirante venditore o compratore, il secondo è l’agente immobiliare. Detto contratto può tuttavia contenere clausole vessatorie a detrimento della parte debole.
Per tutelare quest’ultima, esistono due modalità.
- La prima risale all’epoca in cui venne adottato il codice civile: nell’anno 1942, però, la nozione di consumatore era un concetto inimmaginabile per il legislatore dell’epoca, il quale – avendo tuttavia avvertito l’esigenza di salvaguardare in qualche modo la parte debole (persona fisica o giuridica) di un rapporto economico – aveva previsto i meccanismi di protezione di cui agli art.1341 e 1342 c.c. Come noto, tuttavia, nonostante gli effetti giuridici previsti, il livello di effettività della sistema protezione così strutturato era alquanto debole, giacché basato su elementi di carattere essenzialmente formale. In altre parole, bastava la doppia sottoscrizione per renderle valide.
- La seconda è di origine comunitaria, che ha introdotto anche nel nostro ordinamento giuridico la tutela del consumatore (la sola persona fisica che non agisce per ragioni commerciali) mediante norme decisamente più effettive sul piano pratico, che adesso sono raccolte nel Codice del Consumo (d. lgs. 206/2005). In base agli art. da 33 a 38 di quest’ultimo, se una clausola contrattuale è “abusiva”, e cioè vessatoria a danno del consumatore, essa è comunque nulla, a prescindere dal numero di sottoscrizioni apposte per accettarla.
Per effetto della contemporanea applicazione dei due citati sistemi, restano invece valide le clausole che, pur non essendo “abusive” ai sensi del Codice del Consumo, sono comunque vessatorie ai sensi dei – “vecchi”, ma ancora vigenti – art.1341 e 1342 c.c., purché venga rispettato il requisito formale della loro duplice sottoscrizione. Trattasi però di ipotesi tendenzialmente marginali.
In tale contesto normativo, è maturata l’iniziativa promossa da Unioncamere Piemonte, con lo scopo di favorire la trasparenza nel mercato. L’obiettivo è stato quello di creare non un contratto-tipo per il preliminare di compravendita, quanto due distinti documenti:
- un modello per l’incarico a vendere
- un modello per la proposta di acquisto
contenenti sia le condizioni per la transazione immobiliare, sia le condizioni che regolano l’incarico al professionista, strutturato sulla base della “mediazione atitpica”.
Così operando si sono soddisfatte molteplici esigenze. In primo luogo, la necessità di contemperare i rispettivi interessi economici delle categorie coinvolte, mediante una trattativa aperta tra le loro associazioni di categoria.
Cosa deve fare l’agente per promuovere al meglio l’affare? Quali obblighi per i clienti? Quali conseguenze in capo alle parti, in caso di loro inadempimento alle pattuizioni concernenti il rapporto di mediazione?
In secondo luogo, l’elaborazione dei due citati modelli doveva comunque condurre ad un loro testo finale privo di clausole “abusive” ai danni del consumatore, cosa d’interesse anche per i professionisti. In effetti, è inutile avere un contratto capestro, se poi non tiene in sede giudiziaria. Inoltre, è segno di serietà l’operare sul mercato mediante un contratto i cui termini sono stati condivisi con i rappresentati di categoria dei propri clienti.
In terzo luogo, la circostanza che il contratto di “mediazione atipica” risulta rispettivamente inserito nell’incarico a vendere (per il venditore) e nella proposta di acquisto (per il potenziale compratore), ha consentito di intervenire anche sugli elementi che – a stretto rigore – esulano dal rapporto tra agente immobiliare e cliente, inerendo invece alla relazione tra compratore e venditore.
Tale parte dell’intervento si propone infatti di favorire la trasparenza delle operazioni di compravendita in molti aspetti sì sensibili, ma essenzialmente d’interesse per compratore e venditore. Si è cioè deciso di favorire la chiarezza su tutti quegli elementi che spesso restano oscuri al momento della conclusione del preliminare, salvo poi emergere successivamente e risultare forieri di contenzioso tra le sole parti della compravendita.
Così operando, nei due modelli sono stati fra l’altro messi alla luce i seguenti dati, che dovranno essere portati a conoscenza di ciascuna delle parti prima di ottenere il loro consenso a sottoscrivere un impegno verso l’altra:
- la ripartizione delle spese condominiali che maturano nel tempo intercorrente tra stipula del preliminare di compravendita e rogito notarile (cosa non indifferente, quando si tratta di contributi per lavori di straordinaria amministrazione)
- i vincoli sull’immobile eventualmente derivanti dal regolamento di condominio
- le condizioni dei suoi impianti; le caratteristiche sotto il profilo energetico.
Sicuramente le ultime due esigenze hanno rappresentato la parte più innovativa ed interessante di tutto il lavoro. L’adozione dei modelli in questione non è affatto obbligatoria. Si tratta infatti di una mera facoltà. I singoli agenti immobiliari potranno infatti decidere se ricorrere o meno ai modelli così predisposti, adeguando loro – in caso affermativo – i propri contratti prestampati (che andranno poi depositati presso la competente Camera di Commercio). Ovvero, gli agenti immobiliari potranno anche disporre di più formulari contrattuali, di cui uno conforme ai modelli in questione, sì da utilizzare di volta in volta quanto più opportuno.
Dal canto loro, però, i consumatori – se debitamente informati – potranno richiedere di regolamentare i loro rapporti con l’agente immobiliare sulla scorta dei modelli Unioncamere: in caso di rifiuto, la scelta competerà comunque loro, nel senso che saranno liberi di non affidare alcun incarico all’agente immobiliare che adotti tale decisione.
In definitiva: il meccanismo così pensato si fonda sulla libertà nonché sulla consapevolezza, nel pieno rispetto del mercato. Inutile però attendersi che ciò venga adottato da chi abusivamente opera nel campo dell’intermediazione immobiliare (soggetto cioè non iscritto nell’apposito albo presso la Camera di Commercio, accessibile al pubblico), ponendo così in essere una condotta che – per forza di cose – comporta anche l’automatica violazione della normativa antiriciclaggio. E, tanto per chiarezza, ribadiamo: gli “abusivi” non hanno diritto alla provvigione. Se la ricevono, sono comunque tenuti a restituirla, purché il consumatore riesca a provare di avere loro versato del denaro.